La Caccia

La marcia per arrivare a quel punto era durata due ore. Non era stata lunga, ma impegnativa. Avevo risalito il torrente Tuia per non lasciare tracce olfattive. Era fine giugno, procedevo sotto la volta degli alberi, nel buio che precede l’alba.
Leggera, alle mie spalle, la brezza del mare mi portava un lieve calore e l’odore tipico della salsedine. Il Tuia era un piccolo ruscello, ma scorreva tra le pareti rocciose con incredibile foga, quasi a voler imitare i fiumi alpini. Arrivai alle piscine, le chiamavo così da quando da piccolo ci andavo a fare il bagno. In realtà le piscine erano due laghetti, di pochi metri ciascuno, uniti da una piccola cascata non più alta di un metro. Lì però, le fronde si allargavano, e lasciavano, con un pizzico di gelosia, intravedere il panorama. Ai miei occhi si estendeva tutta la piccola valle del Tuia, fino al mare. Poi arrivò; e fu uno spettacolo eccezionale, io ero ancora al buio, riparato dalla collina, ma il mare innanzi a me si accese in un baleno di luci e colori. Più avanti, nell’acqua scintillante, il promontorio di Portofino si protendeva verso l’infinito come una nave alla banchina. Dalle sue tre collinette si alzava il vapore della rugiada colpita dal sole, come comignoli. Rimasi qualche minuto a contemplare tutto questo, poi mi svegliai. Non ero venuto per questo, in fondo. Mi voltai e continuai la marcia, verso la sorgente, verso il sole. Erano passati pochi minuti quando finalmente le vidi. Mi avvicinai di corsa, gia carico dell'eccitazione della caccia, non c’erano dubbi, erano le sue, le orme d’Idefix. Lo so che non è un nome molto importante, ma era l’unico che mi era girato in testa per quel cinghiale che seguivo da tempo, e che per me era ormai un‘idea fissa. Le tracce salivano verso la sommità della collina, volevo seguirle di corsa, dovevo seguirle di corsa, ma il cacciatore che ho dentro mi fermò. Dovevo aspettare, tra poco il sole avrebbe scaldato l’aria, facendo voltare inesorabilmente la brezza, solo allora avrei avuto qualche possibilità di raggiungere da sottovento la mia preda. Mi allontanai un po’ dalla tana e mi nascosi tra le fronde, magari un po’ di fortuna lo avrebbe fatto tornare da me. I minuti trascorsero inesorabili, assomigliando sempre più ad ore. Era ancora presto quando finalmente mi giunsero alle nari gli odori dell’entroterra. Era il momento, uscii del mio piccolo rifugio e mi misi sulle tracce di Idefix. Per essere un buon cacciatore bisogna saper diventare animale, non basta seguire le tracce, ma si deve pensare coma la preda, si deve capire perché ha preso quella direzione, dove deve andare, e quali sono i posti che può raggiungere. Le tracce piegavano verso est, lontano dal piccolo complesso di Montallegro. Idefix voleva scollinare e c’era solo un posto dove poteva farlo. In una piccola radura trovai dove aveva fatto colazione, il piccolo spiazzo sembrava arato dall’uomo, il cinghiale aveva scavato per trovare qualche radice. Non sapevo quanto vantaggio avesse su di me, ma ormai dovetti allungare il mio giro, per rimanere esattamente sottovento. Dopo più o meno un’ora di marcia notai un movimento con la coda dell’occhio, poco sopra dove mi trovavo. Era lui? L’istinto mi diceva di sì. Chinato avanzai verso il movimento, con la mano sinistra intanto toglievo tutto ciò che avrebbe potuto fare rumore. Dovetti arrampicarmi un po’ più a sud est rispetto al mio bersaglio, e quando arrivai al suo livello, una serie di cespugli fitti bloccava ogni visuale. Facendo ciò che a me sembrava un incredibile baccano riuscii ad aprire un varco nelle sterpi e così, come di incanto lo vidi. Era bellissimo, più grande degli altri cinghiali. Mi dava il fianco sinistro, il suo manto era lucido e bruno. Aveva ovviamente perso le macchie, ma sul dorso s’intravedevano deboli le striature più scure. Ormai era fatta, non mi sarebbe più sfuggito, le lunghe giornate di caccia finalmente avevano dato i loro frutti, e Idefix finalmente era li, a meno di venti metri da me. M’imposi di non tremare mentre il sudore mi rigava il volto sudicio, potevo coglierlo ora, ma il momento doveva essere perfetto. Allineai il centro del mirino col suo cuore, dovevo farlo, mi dissi, ma mi imposi di aspettare. Fu allora chi mi udì, con la testa alzata Idefix cercò di vedermi o di odorarmi, la paura di perderlo adesso quasi mi congelò, ma dopo pochi interminabili attimi quell’enorme bestione sembrò calmarsi. Riallineai il mirino e cercai di controllare la respirazione. Inspirai a fondo, Poi feci uscire metà dell’aria dai polmoni. Ero pronto, tutto era perfetto, Idefix si era inconsciamente voltato verso me, era stupendo e un sorriso mi attraversò le labbra mentre premevo il grilletto. Il rumore, nel silenzio totale fu incredibile, mi alzai in piedi e vidi Idefix scappare lontano, spaventato. Mi misi a ridere forte, felice mentre il cinghiale spariva nel folto. Aprii la borsa e vi infilai dentro la reflex. Mi incamminai verso casa, avevo preso la mia idea fissa, finalmente la caccia si era conclusa.    

Mario Roncagliolo 

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